Figli della Divina Provvidenza (FDP)

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ordine alfabetico per Cognome

 

 Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario)  

 

Z

 

1.      Zaccagnini Francesco

2.      Zaccaro Michele

3.      Zak Jan

4.      Zambarbieri Alberto

5.      Zambarbieri Angelo

6.      Zambarbieri Giuseppe

7.      Zanatta Mario

8.      Zanatta Umberto

9.      Zanella Saverio

10.  Zani Luigi

11.  Zanichelli Nino Giuseppe

12.  Zannoni Pellegrino

13.  Zanocchi Giuseppe

14.  Zebri Guido

15.  Zuchegna Lorenzo

16.  Zuchegna Vincenzo

17.  Zuliani Valentino

18.  Zumbo Vincenzo

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Biglietto

ricordo

Sac. Lorenzo ZUCHEGNA

     da Corcumello-Capistrello (L’Aquila), passato al Signore in Avezzano il 24 aprile 2000, a 87 anni d’età, 70 di professione religiosa e 60 di sacerdozio. La tomba è nel cimitero di Avezzano.

 

Aveva celebrato da qualche mese il suo 60°, in fraterno gemellaggio — come diceva l’immaginetta-ricordo — “di sangue e di sacerdozio” con il fratello Don Vincenzo, insieme al quale si era offerto alla Piccola Opera, in Tortona, in 26 settembre 1924, “questuati” da Don Piccinini, la cui famiglia era oriunda di Corcumello, poi passata ad Avezzano prima del terremoto del 1915.

Lorenzo aveva allora 12 anni, essendo nato l’11 agosto 1912. Vestì l’abito sacro per le mani di Don Orione a Monte Mario in Roma, il 26 giugno 1928, e fece a Sant’Oreste la prima professione, il 14 agosto 1929. Poi terminate le ginnasiali tra Roma e Novi Ligure, nel 1929 fu iscritto all’Università Gregoriana in Roma, dove finì i corsi nel 1932 e venne addetto al tirocinio di regola, come insegnante e assistente dei probandi, nel seminario S. Antonio di Voghera e poi a Salita Angeli in Genova. Dopo il noviziato canonico (1933-1934) a Villa Moffa, pronunciò i voti perpetui nella festa dell’Assunta 1934. Completò poi la teologia presso il Collegio Brignole Sale, sempre in Genova (1935-1939), e il regolare cammino verso il Presbiterato, ricevuto in duomo di Tortona il 29 giugno 1939 da Mons. Egisto Melchiori.

Fu nuovamente insegnante a Voghera, direttore a Magreta, ottenendo anche l’abilitazione magistrale a Modena (1939-1941) e viceparroco e insegnante a San Severino Marche (1941-1947). Partito per l’Argentina nell’aprile 1948, fu vicario e viceparroco nella Parrocchia di Pompeya in Buenos Aires (1948-1956), vicario e Parroco a Puerto Mar del Plata (1957-1963), dove anche fu direttore dal 1963 al 1965.

Dopo un viaggio in Italia, al ritorno fu assegnato come direttore e Parroco a Roque Sanz Peña (1966-1968), indi come vicario e Parroco a Córdoba (1968-1970). Nuovamente in patria, dopo una breve permanenza a Boston per aiuti alla casa di Córdoba, avrebbe desiderato rimanere e lavorare in Italia, ma l’obbedienza lo fece tornare in Argentina, ove ebbe l’incarico di Consigliere ed economo provinciale (1971-1973) in Carlos Pellegrini, passando poi a Tucumán, prima come viceparroco e poi parroco (1973-1978).

Trascorso un anno a San Miguel di Tucumán (1979), tornò in Italia, ancora come viceparroco, prima a Palermo (1980-1985), poi in Avezzano (1985-1994), rimanendovi addetto e consigliere dell’Istituto, quando la parrocchia tornò santuario.

 Buono, affabile e faceto, ricco d’entusiasmo per il bene, il suo curricolo dà ragione alla sua indole che lo rendeva particolarmente disposto all’entusiasmo e all’ottimismo. Trascorse quasi tutta la sua lunga vita in uffici, propiziatori d’incontri, di slanci nell’apostolato, d’ingegnosa operosità a bene dei suoi confratelli, dei fanciulli e del popolo delle parrocchie, dove molto lavorò. Aveva per sé una gran norma: “Bisogna proprio lavorare per far sì che la gente e i ragazzi non si attacchino a noi, alle persone, ma all’autorità, al Signore.”.

Ebbe interiormente a soffrire, ma mostrò sempre una bell’indifferenza a tutto. In una sua lettera del 1962 si legge: “Il Santo Bambino ci mantenga nella sua santa umiltà, propria dei figli di Don Orione; dobbiamo vivere completamente staccati da onori ed esaltazioni, che ci fanno perdere l’equilibrio. Tutto e solo per Dio!”.  Giocoso ed esuberante, si servì del felice carattere per spargere serenità e letizia. Ligio all’affetto per Don Orione, ne portò nel cuore e sulle labbra le caratteristiche della carità, della bontà, dell’operosità ilare, costruttiva dell’unione di famiglia, nell’impegno di conservare genuini e inalterati l’immagine e lo spirito della Congregazione, che amò con piena dedizione di affetti e di opere.

 (dagli "Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia")

 

 

        sull'altare fino alla fine, Don Orione Oggi, giugno 2000