Figli della Divina Provvidenza (FDP)

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ordine alfabetico per Cognome

 

 Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario)  

 

O (19)

 

1.      Ojan Mario

2.      Olivotto Giovanni

3.      Oltolina Ersilio

4.      Omenetto Silvio Giovanni

5.      Ondei Angelo Giuseppe

6.      Oneto Fortunato

7.      Ongari Stefano

8.      Onofri Enea

9.      Opessi Giuseppe

10.  Orione Luigi

11.  Orlandi Luigi

12.  Orsini Stefano

13.  Ortega Pino Vicente

14.  Orzi Nazareno

15.  Osmalek Jan

16.  Ossowicki Tadeusz J.

17.  Oteiza Teodoro

18.  Ottaggi Eugenio

19.  Ottavi Filippo

 

Sac. Luigi Orlandi

   da Lungavilla (Pavia), morto a Genova il 5 giugno 1986, a 84 anni di età, 64 di professione e 60 di Sacerdozio.

    Una lunga preparazione, la sua, prima di salire ad incontrare il Signore, la Madonna, Don Orione, Don Sterpi, Don Goggi, i nostri «martiri spagnol » Don Gil e fratel Arruè, la «famiglia dei suoi cari Santi», come la chiamava. Dal 1969 le condizioni di salute lo avevano costretto a staccarsi da quel «calore», da quell'ambiente privilegiato, che era stato suo, da quando, il 3 gennaio 1918, Don Orione lo aveva accolto alla Casa Madre di Tortone, accompagnandolo davanti alla devota statua della Madonna, che domina la scala verso la cappella, e gli aveva detto: «Ecco, Essa ti aspettava. . . »; gli fece dire qualche Avemaria e lo congedò con parole calde di fiducia paterna . . . Quella fiducia che Luigi Orlandi non aveva deluso dal giorno che si era anelato a confessare dal Beato, predicatore al suo paese, Lungavilla (Pavia), e si era sentito domandare se non gli sarebbe piaciuto andare con lui a lavorare per il Signore, a fare del bene . . .

Il ragazzo, nato il 19 aprile 1902, già finite le scuole, si trovava impegnato da qualche anno, col padre Giovanni e i fratelli e le sorelle, al lavoro delle verdure, in quegli «orti» che costituivano gli unici suoi svaghi, perché Luigi Orlandi nessuno lo vide mai giocare o alla ricerca di un divertimento . . . Quando Don Orione lo accolse a Tortona, aveva già 17 anni: un «uomo» fornito già di convinzioni, provato dalle immancabili difficoltà familiari, ma, insieme, alla ricerca di «quel qualche cosa» che, ponendo i piedi al "Paterno", si accorse di aver raggiunto e trovato.

Secondo il modus vivendi dei Figli dell'Opera in quegli anni, Don Orione lo applicò subito nello studio, nell'assistenza dei giovani, nel duro tirocinio preparatorio per il completamento dei corsi scolastici e delle varie tappe verso l'Altare. Fu a Villa Moffa, dove fece il noviziato sotto la guida di Don Cremaschi nel 1918 - '19, professò la prima volta a Campocroce (20 luglio 1921); frequentò la Scuola statale di liceo a Tortona mentre faceva l'assistente al "Dante Alighieri" nel primo anno che questo venne aperto a ricordo del 25° dell'Opera e della Ordinazione sacerdotale del Fondatore; emise i voti perpetui a Roma (11 agosto 1925), già addetto alla Colonia Santa Maria. Nel frattempo aveva ricevuto gli Ordini minori, coronati col diaconato (13 dicembre 1925) e il Sacerdozio (19 dicembre 1925), conferitigli a Tortona dal Vescovo Mons. Simon Pietro Grassi.

Poi subito al lavoro, direttore alla Colonia di Monte Mario, con i pensieri che alcune decine di difficili ragazzi presentano quotidianamente: il lavoro dei campi era il suo pane, da quando stava a casa sua: ma il puntiglioso impegno, che egli era solito mettere nelle cose, andò preparandogli un affaticamento psichico proprio nel periodo che attendeva anche agli studi per la laurea in lettere conseguita con la tesi di archeologia dal tema: «La Basilica antica di San Lorenzo a Porta Latina». Ma Don Orione nel 1934 pensò fosse meglio chiamarlo vicino a sé a Tortona per il necessario riposo e per sfruttarne le doti nell'insegnamento ai chierici. Vicino a Don Orione per'altro sempre egli vi era stato: lo aveva preso a «inseguire» ogni qualvolta giungeva nella capitale, raccogliendone le parole, «curiosandone» — lo diceva lui — le vicende passate e meno conosciute, studiandone esattamente lo spirito. Per far questo aveva mobilitato nei vari istituti dell'Opera una piccola schiera di confratelli «scrivani», perché facessero come lui, raccogliendo i «fatti» e le conversazioni del Beato, veri corrispondenti e «inviati» suoi, la cui diligenza resta tutt'ora testimoniata e conservata nell'archivio generale, insieme con il materiale da lui raccolto instancabilmente in quegli anni e nei successivi.

A Tortona Don Orlandi entrò ancor più decisamente in questo fedele, tenace impegno di collezionatore delle memorie documentate del Fondatore e ciò gli meritò, alla santa morte del Beato nel 1940, di ricevere l'incarico, dal Servo di Dio Don Sterpi, di applicarsi esclusivamente al lavoro di documentazione e ricerca di quanto riguardasse le memorie dell'Opera della Divina Provvidenza. Don Orlandi da allora visse per questo delicato compito, diede il meglio di se stesso nella mansione successiva di Vicepostulatore e poi di Postulatore della Piccola Opera: applicò l'esuberanza del suo carattere, la tenacia della sua volontà e, diciamo pure, l'ansia e la preoccupazione, che dominavano la sua natura e indole, per portare a termine le attese della Congregazione in ordine alle Cause del Fondatore e degli altri cari Servi di Dio Don Sterpi, Don Gaspare Goggi e — secondo il volere dei  superiori —  anche  della  Madre  Teresa  Michel   Grillo  e   del   Cardinal Pietro La   Fontaine.

Non è qui il luogo per dettagliare questo lavoro: oggi piace ripensare a Don Orlandi dinamico e in moto perpetuo, ricco di entusiasmo e di gran cuore, pignolo negli incarichi ricevuti, senza distrazioni di altro genere che gli interessi dell'Opera, la «bella figura» del Fondatore nella attuazione pratica dei regolamenti dell'Opera, la fedeltà senza cedimenti agli esempi lasciati dal Padre; la sua sofferenza allorché gli pareva che in qualche cosa venisse meno l'attaccamento alle tradizioni della nostra famiglia religiosa; lo zelo intraprendente per gli Eremiti e le vocazioni, alla ricerca delle quali, per volontà di Don Orione, percorse la zona vogherese e dell'Oltrepò con buoni risultati; per l'onore e la divozione del popolo alla Madonna; fu, dopo la guerra, rettore del Santuario della Guardia in Tortona e, nell'estate 1944, dietro invito di Don Sterpi, con indimenticabile, tipico ardore, curò i restauri e la riapertura al culto del Santuario della Madonna delle Grazie in Casei Gerola, legato alle memorie di Don Orione fanciullo.

Visse a Roma dal 1952 al 1974, al Centro di Monte Mario, sotto le ali protettrici della « Madonnina » dei Mutilatini di Don Orione. Soffrì — se è possibile dirlo — la «gelosia» biblica e filiale per quanto atteneva l'onore della Congregazione; realizzò alcune iniziative suggerite dallo stesso Fondatore — i pellegrinaggi, i Tarsiciani, i Presepi viventi —, sempre generosamente effondendo la sua vibrante energia, a volte apparentemente ruvida e giudicata, in qualche sfumatura, eccessiva e senza ordine, che era invece sempre frutto di un attaccamento senza limiti affettuoso ai Padri e ai fratelli e alle attività della Congregazione.

Don Orlandi non «scherzò» mai nella sua vita religiosa; diritto e affilato verso quello che credeva santo e doveroso, vi si impegnò in ogni caso: la tenerezza paterna agli orfani, la felicità o il rimpianto per la riuscita o no dei «chiamati» al servizio di Dio; la stessa applicazione di ricercatore in ordine alle Cause dei «suoi» Servi di Dio; la diligenza con cui decideva o seguiva le varie pubblicazioni e attendeva alle pratiche curiali, alla documentazione dei passaggi canonici delle Cause stesse; la «paura» che non tutto riuscisse bene o che qualcuno intralciasse, con pubblicazioni frettolose o non ben documentate, le norme dell'iter processuale; l'apparente esclusività nella custodia del materiale agiografico dei Servi di Dio non ancora di dominio pubblico: tutto ci parve sempre fomentato in lui e suggerito dalla preoccupazione amorosa di non recare pregiudizi, per quanto era in lui e nelle sue mansioni, alla gloria di Don Orione e all'onore della Piccola Opera, che predilesse in tutto e sopra tutto, consumandosi per un ideale che alla sua anima parve sempre degno di impegnare la vita. Disse il suo Nunc dimittis quando l'amato Padre Fondatore con la beatificazione venne elevato, nell'ottobre 1980, alla gloria della Chiesa.

Atti e comunicazioni della Curia generale, aprile - giugno 1986