COLONNATA,
8 febbraio 1944
Il collegino di Sesto Fiorentino e la strage dei 23 bambini con i chierico
Tezze
Dal
novembre 1943 a tutto il 1945 la presenza dei padri di Don Orione a
Colonnata, frazione di Sesto Fiorentino (Firenze), si fa voce di un
ministero esercitato fra la gente con coraggio, fede ed entusiasmo.
Durante
gli anni della guerra, in particolar modo dopo l'8 settembre 1943 (1) , le alture alle spalle di Colonnata, fra le quali
Monte Morello (2) si popolarono di fuggitivi. Erano
presenti immigrati, sfollati e militari. Molte famiglie povere furono
sistemate dal Comune di Colonnata in via dei Logi. I parrocchiani del paese
ricordano mons. Alfredo Gori, l'anziano monsignore di Villa Gerini, che vi
portava viveri e pacchi di vestiario.
Il
passo di Colonnata, in questo momento storico, era di importanza strategica
per Forno, paese limitrofo, testa di ponte per attaccare i tedeschi a Massa
Carrara.
In
questo contesto, la Marchesa Maria Teresa Pacelli vedova Gerini, mettendo a
disposizione alcuni locali della propria villa, diede la disponibilità alla
Congregazione di Don Orione (3) di aprirvi un
rifugio per ragazzi poveri.
La
villa, (4) dalla seconda metà dell'Ottocento di
proprietà del marchese Carlo Gerini, circondata da un ampio parco (5) e da un lago artificiale nel mezzo del quale affiorano
due isolotti, si prestava molto bene per accogliere i bambini.
Parroco
a Colonnata, dal 1927, era don Ottavio Bertini (6)
Nel
1943 durante la guerra, nell'edificio di servizio dove si trovavano le ex
scuderie e l'abitazione del giardiniere, dopo gli opportuni adattamenti
richiesti allo scopo, la marchesa Gerini aprì le porte ai bambini;
facendogli trovare lettini di legno tutti uguali, senza le reti, con i
materassi di crine.
La
Casa fu inaugurata con cerimonia semplice, il 21 novembre 1943
dall'Arcivescovo Elia Dalla Costa.
Qui
vennero ospitati bambini provenienti da famiglie indigenti. L'ospitalità
che la marchesa volle offrire, non fu solo materiale, per quanto di
primaria importanza in quei tempi calamitosi. La cura nell'accogliere i
bambini si estese al loro sostentamento ed insegnamento morale e religioso.
A tale scopo la marchesa, fece venire appositamente i padri dell'Ordine di
don Orione a Colonnata.
Don
Ezio Giovannini, sacerdote orionino, che si trovava ad Ortonovo di La
Spezia, fu raggiunto da un telegramma che lo convocava insieme ad uno dei
superiori della congregazione, don Gaetano Piccinini (7),
dalla marchesa Gerini.
A
fine maggio del 1943 arrivò a Colonnata don Ezio, con il compito di seguire
i lavori di sistemazione ed adattamento dei locali che dovevano a formare
il Collegetto. Don Ezio romagnolo, portò nella vita di Colonnata e nei
lavori della casa, tutta la sua espansività sostenuta da un gran cuore che
sfociò in partite di pallone nel campo dell'Ave Maria.
I
lavori si ultimarono a settembre. Per completare la piccola comunità
orionina giunsero don Nazareno Malfatti ed chierico, Teofilo Tezze (8)tirocinante di venti anni. Con l'arrivo di una trentina
di ragazzi dai 6 ai 12 anni, si aprì il Collegino. Tutti furono iscritti
alla scuola di Quinto, anche Alduccio Coletti di cinque anni e mezzo, il
più piccolo di una famiglia di profughi Tunisini ed il più piccolo del
Collegino.
Nei
suoi cinque mesi di attività, da settembre a febbraio, questo piccolo
Collegio lascerà nel cuore di tutti il ricordo di come i padri di Don
Orione accolsero i propri figli in difficoltà: aprendoli all'istruzione e
assistendoli moralmente.
Al
sostentamento dei ragazzi contribuivano la famiglia della marchesa Gerini e
l'ingegnere Merlini, uno dei massimo esponenti dell'epoca alla Richard
Ginori, amico e protettore del Collegino.
La
giornata dei bambini era scandita con il ritmo di una grande e serena
famiglia. La Messa nella cappella, la scuola comunale a Quinto, “ Andavano
alle Comunali, che erano a cinque minuti di strada, dopo avere aggirato due
volte il viottolo corrente fra quei tipici muriccioli che difendono le
ville gentilizie dei colli fiorentini. E ve li accompagnava
inappuntabilmente il chierico Teofilo Tezze, trentino, che aveva appena
iniziato, come costumano i seminaristi di Don Orione dopo il liceo, il suo
triennio di tirocinio. Era puntualissimo sia ad accompagnarli che a
riprenderli, sempre ”. (9)
Il
ricordo di un anziano, che allora frequentava la terza classe elementare
alla scuola di Quinto, ci aiuta a rivivere quei giorni“ Mentre noi
eravamo in classe a studiare, una cosa era certa e sicura: le sirene della
Ginori, di Manzella e della Fabbrichina, quando suonavano l'allarme con i
loro ripetuti sibili, segnalavano l'avvicinarsi degli aerei e il pericolo
delle bombe. Anche la custode si precipitava in tutte le classi per
avvisare le maestre. In fretta e furia si prendevano le cose e si correva
sulla vicina Montagnola credendo di essere al sicuro all'aperto e sotto gli
alberi ”.
La
presenza a Colonnata dei padri di Don Orione, non fu circoscritta dalle
mura del Collegino. Come racconta don Ezio “ Eravamo tornati da poco
dagli esercizi spirituali, pochi giorni dopo l'8 settembre. La marchesa
Gerini ci mandò a chiamare e ci disse che alla chiesina di Gualdo un
soldato anziano, scappato dall'esercito,, stava male. Bisogna portargli i
sacramenti. Così, io e don Remo, ci avviamo verso monte Morello con tutta
la bardatura rituale che il trasporto del sacramento allora comportava.
Alla bottega di Morello incontrammo gente: ci portarono a Gualdo. C'erano
quattro o cinque persone. Furono i primi incontri.” (10)Don Piccinini: “ Dopo il crollo del 25 luglio e
dell'8 settembre 1943, popolò di fuggitivi Monte Morello e le altre alture
alle spalle di Colonnata. Tutta gente sul ciglio della disperazione, anime
in pena e in rivolta, ma anime. Avendole così vicine, non se ne poterono
disinteressare i religiosi di Don Orione dedicati agli orfani. Ed ecco che
uno di quei preti di Don Orione, vi salì alcune feste: l'Immacolata,
Natale, l'Epifania di quel '43-'44 e qualche altra volta a farvi un poco di
bene ed anche a dare qualche soccorso. E siccome si arrampicava a Monte
Morello da Colonnata, ecco che lo chiamarono il prete di Colonnata . E
lo aspettavano e lo riconoscevano quando lo vedevano salire. (11)”
Raccogliamo
la testimonianza di Giuliano Maggiora, che rimase nascosto nel Collegino da
fine novembre del '43 ai primi di gennaio del '44, “Il Collegino fungeva da
punto di appoggio per i partigiani della Calvana, (12)
rifornimento viveri, notiziari, materiali di propaganda… Ci arrivavano con
tutti i mezzi. Vivevamo come fossimo istitutori dei ragazzi e facevamo di
fatto vita con loro: un po' di scuola, qualche girata fuori, un po' di
pallone. Ricordo bene anche il povero Tezze, semplice e bonario. Vivevamo
alla giornata. “ Anche per questa settimana ce l'abbiamo fatta” ,
dicevano i padri facendo un po' di bilancio a fine settimana.
Seguiamo
il racconto di don Ezio, “ Vivevamo di carità e fu la carità cristiana a
muoverci, non senza una qualche incoscienza o ingenuità. Cercammo di
renderci disponibili, come si poteva, verso tutti, al di sopra delle parti ”.
(13)
Giungiamo
così all'8 febbraio 1944, data impressa nella memoria di Colonnata.
Quel
giorno arrivarono dalla Romagna dei carichi di patate, così due dei ragazzi
più grandi andarono a Sesto con don Ezio, a fare un po' di provvista. Uno
dei bambini più piccoli stava male, rimase quindi a casa insieme alle due
suore addette al servizio, e al chierico Tezze. Tutti gli altri a scuola.
L'allarme
aereo suonò prima delle undici. Tezze andò subito a prendere i ragazzi a
scuola e si incamminò con loro per tornare a casa, lungo via delle
Porcellane.
Una
squadriglia di aerei volava a bassa quota.
I
ragazzi ed il chierico erano giunti di fronte al grande cancello della
fabbrica Richard Ginori. Non sappiamo e non possiamo stabilire come mai si
diressero verso via delle Porcellane anziché in senso opposto o verso il
rifugio della Manifattura. Alle 11.20 quando il gruppetto era prossimo al
cancello della villa Gerini, furono sganciate alcune bombe che caddero tra
il muro perimetrale della Vecchia Doccia ed il parco della villa Gerini.
Era la strada percorsa dai ragazzi, 23 bambini ed il chierico morirono
tutti insieme. Nel giorno di San Girolamo Emiliani Padre degli orfani.
Tutti
tranne uno, Dino Banchelli, rimasto indietro quel tanto necessario a
salvargli la vita, fermatosi per allacciarsi una scarpa (prestate dal
fratello di un altro bambino Oscar Bellò, morto) e pensare che proprio le
scarpe al Colleggetto non c'erano. I bambini portavano zoccoletti di legno
fatti dal calzolaio sordomuto, padre di uno dei bambini che morirono nel
bombardamento.
La
meccanica della tragedia non è chiara, in un primo momento si disse che gli
alleati avevano bombardato la manifattura di Doccia perché sede del comando
nazista. Altri invece affermarono che quei velivoli si erano semplicemente
alleggeriti del carico di bombe, senza uno scopo preciso. Resta il fatto,
che l'impatto fu così violento, che resti di vestiti e brandelli di corpi
furono ritrovati a duecento metri di distanza dal luogo della
deflagrazione.
Don
Ezio Giovannini con i due ragazzi più grandi, tornando da Sesto, al suono
delle sirene si fermò in un rifugio in Piazza Rapisardi; qualcuno lo
avvertì che era successo ai ragazzi, e lui corse subito. Una densa nuvola
di zolfo avvolgeva la zona: Tezze con una mano stringeva la manina di
Alduccio, il più piccino, e con l'altra stringeva il suo Rosario, un altro
bimbo gli era avvinghiato addosso. Una suora, era rannicchiata sotto un
albero come inebetita, un altro ragazzo terrorizzato. Dei ventitre ragazzi
che erano con Tezze solo Marcello Ragioneri e Luciano Toccafondi erano
ancora vivi, Ragionieri aveva una scheggia nell'intestino e morì poco dopo
di peritonite. Toccafondi con il corpo semiaperto dalle schegge, fece in
tempo a dire a don Ezio: “Padre ho sete” e morì tra le sue braccia.
I
primi ad accorrere furono i pompieri della Richard Ginori. Il comando
tedesco chiuse la strada bloccandone praticamente l'accesso e per quattro
giorni i pompieri perlustrarono dappertutto alla ricerca dei bambini. E
proprio il quarto giorno uno dei piccoli, Oscar Bellò, fu riconosciuto dal
fratello maggiore; la sua permanenza a Villa Gerini durò appena una
settimana. Tre dei piccoli scomparvero nel nulla, di loro non fu trovato
niente. Il corpo di Tezze apparve come sezionato. Il dolore e la
disperazione degli accorsi, prima fra tutti le madri dei bambini, non si
può descrivere talmente fu devastante.
Il
funerale delle 24 vittime si svolse il 13 febbraio nella chiesa di San
Romolo a Colonnata. E proprio il giorno del funerale, dal sanatario di
Venezia, dove era ricoverata, arrivò senza esser stata preavvertita la
madre di due bambini, che proprio in quei giorni aveva ottenuto il
trasferimento a Careggi per stare vicina ai figli piccoli.
Il
giorno dopo nella chiesa di Colonnata ventitré bare completamente ricoperte
di fiori si stringevano attorno alla bara del chierico Tezze. Furono poi
portate al cimitero maggiore di Quinto dove furono tumulate.
Il
Collegino con la morte dei suoi ragazzi, chiuse. Anche se in un primo
momento la congregazione di Don Orione pensò di continuare l'opera tant'è
vero che, passato il fronte, venne un altro confratello in aiuto a don
Ezio, don Antonio Mendicino. I padri operavano in parrocchia
particolarmente con i ragazzi, nacquero gli scouts e il teatro. Continuò il
rapporto con gli operai di Doccia con i quali dopo la fine della guerra,
condivisero anche l'operazione di sminamento. Poi nel 1945 don Ezio partì,
la sua famiglia a Castel Del Rio aveva bisogno di lui. Rimase don Mendicino
ancora per pochi mesi, ma l'esperienza del Collegino si concluse lì, ad
appena pochi mesi dal suo inizio.
Oggi
i corpi delle vittime riposano in un monumento sacrario nel Cimitero
maggiore di Sesto Fiorentino, realizzato dalla scultore sestese Delio
Granchi nel 1954 e ristrutturato dall'artista trenta anni dopo. Mentre in
via delle Porcellane, sul muro di cinta della Villa Gerini, proprio di
fronte al cancello che porta alla Manifattura, un piccolo tabernacolo
ricorda ai passanti il luogo di questo grande sacrificio.
N O T E ------------------------------
1. 8 settembre 1943, data dell'annuncio dell'armistizio
con gli Alleati e della fine dell'alleanza militare con la Germania, ma
anche la data della dissoluzione dell'esercito italiano. Il dramma si
trasforma nel giro di poche ore in tragedia per centinaia di migliaia di
soldati abbandonati a se stessi.
2. Il 15 settembre 1943 un gruppo di
partigiani guidato da Lanciotto Ballerini e Ferdinando Puzzoli parte per
Monte Morello, forse il primo gruppo di partigiani dell'intera Toscana che
in maniera organizzata si sposta sui monti. Gli ultimi giorni del 1943
Lanciotto si sposta con la sua banda da Monte Morello verso i monti del
pistoiese, ma sulla Calvana il 3 gennaio 1944 cade nella battaglia di
Valibona.
3. La congregazione di Don Orione, a quei
tempi non aveva case a Firenze.
4. I Gerini ebbero la villa in eredità,
dal cugino conte Ferdinando Malevolti Del Bonino, nel 1860. I Gerini
ampliarono il parco, e arricchirono il giardino di laghetti e piante. La
villa è ricordata anche per aver ospitato il cardinale Eugenio Maria
Pacelli il 5 gennaio 1938. L'indomani celebrò, nel Battistero di Firenze,
il matrimonio di Giannandrea Gerini ed Elisabetta Dufour Berthe. Tra gli
arredi della chiesa c'è una pianeta bianca con lo stemma Pacelli, inviata
da Pio XII nell'anno successivo, al momento dell'elezione al Pontificato.
5. Il parco ispirò Collodi (Carlo
Lorenzini) per l'ambientazione del suo Pinocchio. Si trova ancora l'albero
del Campo dei Miracoli, mentre la grotta nel laghetto è sicuramente la
bocca della balena che inghiottì Geppetto e Pinocchio.
6. Don Ottavio Bertini, (1876-1954) nato a
San Mauro a Signa, era molto legato alla tradizione della sua terra. Fu
sempre benevolo con i padri di Don Orione, come nella famosa notte tra il 2
e il 3 gennaio 1944, quando una trentina di repubblichini, un ufficiale e
un maresciallo spararono raffiche di mitra investendo la porta della
canonica e prelevarono l'anziano parroco per trattenerlo tre notti alle
Muratte, per poi accorgersi che il ricercato non era lui, ma don Reno
7. Don Piccinini inaugurerà poi, il 1° novembre
del 1954 il monumento ai bambini del Collegino, opera dello scultore Delio
Granchi.
8. Teofilo Tezze, nato a Montecchio
Maggiore, Vicenza il 22 ottobre 1923. Fece qualche anno di probandato e
l'anno di noviziato, poi tre anni con i voti religiosi durante gli studi
filosofici, che aveva terminato da pochi mesi per iniziare il tirocinio
pratico. Per lui cominciava un tirocinio di assistenza caritativa e
pedagogia formativa, secondo il metodo cristiano paterno di Don Orione e
nel suo spirito.
9. Don Gaetano Piccinini scrisse sugli
orfanelli di Colonnata “ Sorrise e pianse con noi ”, dedicato al
Cardinale Arcivescovo Dalla Costa addormentatosi in Dio all'albeggiare del
Natale 1961
10. A cura di Vinicio Tarli, In
memoria delle giovani vittime del Collegino , 8 febbraio 1944 - 8
febbraio 1998. Comune di Sesto Fiorentino.
11. Don Gaetano Piccinini “ Sorrise e
pianse con noi ”
12. La divisione alla quale apparteneva
Lanciotto Ballerini.
13. Vinicio Tarli, In memoria delle
giovani vittime del Collegino
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