Figli della Divina Provvidenza (FDP)

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ordine alfabetico per Cognome

 

 Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario)  

 

R (53)

 

1.      Raboszuk Eugeniusz

2.      Rachota Czeslaw

3.      Radaelli Enrico

4.      Raffa Bruno

5.      Raffa Vincenzo

6.      Raineri Luigi

7.      Ramognini Bartolomeo

8.      Rampin Igino

9.      Rapsiewicz Andrezej

10.  Rastelli Ennio

11.  Ratajek Jozef

12.  Ratti Lorenzo

13.  Ravazzoli Alberto

14.  Ravera Carlo

15.  Re Andrea

16.  Re Luigi Francesco

17.  Re Vincenzo

18.  Rebora Nicola

19.  Reggiani Agostino Fra Redento

20.  Remis Pinera Martino

21.  Renaudo Pietro

22.  Renzini Alfredo

23.  Repiccioli Domenico

24.  Riondato Luigi

25.  Ripepi Domenico

26.  Risi Giuseppe

27.  Risi Roberto

28.  Riva Alfredo Enrico

29.  Riva Angelo

30.  Rivano Raffaele

31.  Rizza Corrado

32.  Rizzi Gino

33.  Rizzo Antonio

34.  Rocca Gaspare

35.  Rodler Augusto

36.  Rodriguez Gonzalez Jesus

37.  Rodriguez Pastrana Juan A.

38.  Roggia Tommaso

39.  Rosato Nicolas

40.  Rosin Giuseppe

41.  Rossi Bernardo

42.  Rossi Nerino

43.  Rossi Oreste

44.  Rossi Valerio

45.  Roszak Taddeo

46.  Rotta Pasquale

47.  Rubinelli Giovanni

48.  Ruggeri Antonio

49.  Ruggeri Attilio

50.  Ruggeri Pasquale

51.  Ruiz Calleja German

52.  Russo Michele

53.  Ryzko Zygmunt

     Sac. Antonio RIZZO

Da Fossò (Venezia) il 13 giugno 1948, morto a Campoli del Monte Taburno (Benevento) il 27 maggio 1988, a 39 anni di età, 18 di Professione e 8 di Sacerdozio. Riposa a Fossò (Venezia).

“ Tutto è niente! S o l o   G e s u’ ! “ 

“Perfetta letizia sarà quando, da agnelli di Dio, sosterremo realmente, umilmente, pazientissimamente, caritatevolmente, verso tutti – e con allegrezza e con amore -  le prove che Gesù, dolce Signor Nostro, per vincere noi medesimi, per compiere in noi la sua santa e adorabile volontà, e renderci in qualche modo simili a Lui, si degnerà mandarci, o permetterà, a gloria sua e della Santa Madre Chiesa, e per dare vita religiosa a noi e alla Piccola Opera della Sua Provvidenza“.

(Frase di Don Orione scelta da Don Antonio a ricordo del suo Voto di  “fedeltà al Papa” e di “oblazione”)

Una parabola della Divina Provvidenza

 

13 giugno 1948

Don Antonio Rizzo nacque a Fossò (VE) il 13 giugno 1948. Crebbe nel calore umano e religioso della sua famiglia: papà Mario e mamma Amelia, i fratelli Renato, Gianni e le sorelle Gabriella e Luigina. Da fanciullo e adolescente partecipò attivamente alla vita della Parrocchia. Lavorò in una fabbrica di scarpe come disegnatore modellista.

 

1965

A 17 anni maturò la decisione di consacrarsi al Signore. Il 20 ottobre 1965 entrò nella Congregazione di Don Orione, al seminario di Buccinigo (CO). “Il Signore mi ha prelevato dalla mia famiglia, dalla mia comunità di Fossò. Non ha guardato alla mia persona insignificante, alla mia paurosa miseria, ma ha guardato al cuore desideroso di amare e di fare del bene. Ne sono sempre stato affamato”. Il 25 marzo 1967 fece l’ “atto di consacrazione a Maria”.

 

1969

Dopo l’anno di Noviziato a Villa Moffa (CN) professò i Voti l’11 ottobre 1969. Conseguito il diploma magistrale prestò il suo fraterno ed esperto servizio durante il tirocinio (1972-74) tra i ragazzi della scuola medico-pedagogica di Lopagno (Svizzera)

 

1974

Nella comunità dell’Istituto Teologico “Don Orione” di Roma ricevette la sua formazione teologica e religiosa negli anni 1974-79. Manifestò particolare entusiasmo e intraprendenza nell’animazione vocazionale e nell’attività catechistica-parrocchiale. Fece la Professione perpetua l’8 dicembre 1977. Fu ordinato Diacono il 16 dicembre 1978 e Sacerdote il 22 settembre 1979.

 

1979

“Sono arrivato al Sacerdozio con il cuore in tensione verso l’Amore. Tutto mi si apriva a questa reale prospettiva: vita religiosa-sacerdotale in comunità, servizio caritatevole ai più bisognosi e possibilità missionarie… tanta passione quindi all’ideale orionino sintetizzato nel motto “Instaurare omnia in Christo”. Il giorno della mia prima Santa Messa, all’omelia, ho detto ai fedeli qualcosa che non avevo meditato o proposto di dire. Nella Chiesa parrocchiale dove sono stato ordinato presbitero, sopra l’altare pendeva un  grosso crocifisso e io,  riferendomi ad esso, dissi: “Voi fratelli vedete il crocifisso con Gesù sul legno, io da qui vedo solo la croce vuota. Lì, è il mio posto.” Non ci ho dato mai troppa importanza, però sta di fatto che il Signore, dopo pochi mesi, mi ha preso in parola. Dopo pochi mesi sono stato colpito da una dolorosissima e fastidiosissima malattia a tutti i muscoli e articolazioni del corpo. Si avviava il mio penoso calvario”.

 

1980

Una malattia grave e rara (polimiosite e poliartrite da immunocomplessi) fermò Don Antonio sulla strada dell’attività sacerdotale che aveva bene iniziato a Botticino (BS) tra i ragazzi del seminario minore. Ho un po’ di reumatismi e tanti dolori, ma mi sto curando, informava già nel febbraio 1980. Peggiorò sempre più. Quando nell’estate 1980 fu ricoverato prima all’ospedale di Soave (VR) e poi a quello di Padova era già in condizioni disperate.

 

1981

Umanamente parlando è una vera tragedia: dolori, amarezza e spavento invade tutto l’essere. Il mio corpo bello e robusto non ha più forze, dimagrisce o si gonfia brutalmente. Antibiotici, cortisonici e altri farmaci sempre più numerosi e intrecciati “tengono su” la vita di Don Antonio. Negli anni 1981-83 venne trasferito alla casa di Montebello (PV) con il compito di animatore vocazionale. Vi si dedicò con passione, intelligenza e grande sacrificio.

A periodi di relativa stabilità di salute si alternavano crisi e ricoveri in ospedale per sostenere il cedimento di organi vitali intaccati dalla malattia: i polmoni, l’impianto osseo, il fegato, l’intestino, il cuore. I ricoveri in ospedale erano da Don Antonio chiamati le stazioni della mia Via crucis.

All’ospedale, mondo immerso nella sofferenza, io sacerdote, proprio per la mia vitale adesione al mistero di Cristo, devo recare una nota particolare di valorizzazione del dolore. Ci ho provato, continuo, e ci sono riuscito un poco.

Dottori, malati, personale infermieristico, parenti dei malati, confratelli, parenti e amici che andavano a visitarlo formavano la sua “parrocchia spirituale”. Davvero numerosa e ricca di frutti di bene.

 

1984

Il 1984, anno particolarmente penoso a causa di ripetute crisi e ricoveri all’ospedale di Voghera (PV), Don Antonio lo trascorse presso il Centro “Mater Dei” di Tortona (AL). Volle fare il voto di oblazione (ma preferiva dire vittima, olocausto) per il Papa e per l’unità della Chiesa, affinché venga il Suo Regno. Il Signore aveva già acceso il fuoco, ed egli si offrì alla consumazione per amore gratuito e totale. E così, il 29 agosto 1984, al Santuario della Madonna della Guardia, quando Don Antonio fece il IV voto di “fedeltà al Papa” – comune a tutti gli orionini – vi aggiunse quello di “oblazione”. Da questa data il tono sacrificale della sua vita divenne ancor più trasparente.

 

1985

Il 22 ottobre 1984 dovette lasciare le nebbie della Val Padana e prendere casa all’Istituto “Mutilatini” di Roma-Monte Mario. Questo non gli valse ad evitare nuovi ricoveri all’ospedale, prima al “Gemelli” e poi al “San Camillo”, da dove il 30 aprile 1985 fu trasportato all’ospedale di Voghera “per essere più vicino a casa”, perché i suoi giorni sembravano davvero pochi, tanto era sfinito e sofferente. Ma si riprese. Il Signore aggiunse ancora tre anni di vita (1985-88) che  Don Antonio trascorse ad Ercolano (NA). Si dedicò senza riserve a pregare, a soffrire e ad offrire le energie rimaste. Dando resoconto del suo nuovo apostolato attivo di colloqui, ritiri spirituali, confessioni, predicazione, inserito pienamente nella vita di quella casa per handicappati, “faro di carità cristiana”, concludeva: “E’ tanto bello poter fare del bene, ma ancor più fare la volontà del Signore… Anche se devo sempre avere prudenza, l’aver paura – sono convinto – è del maligno. D’altronde siamo sempre in battaglia e, per noi preti, in prima linea, e se abbiamo paura?… Sto studiando per organizzare l’Oratorio festivo, così da aiutare i tanti ragazzi della parrocchia trascurati e vicini a noi”.

 

1986

La salute di Don Antonio, a parte un ricovero al “Monaldi” di Napoli nell’aprile-maggio 1986, ha un periodo di parziale benessere. Ne gioisce. “Sto riprendendo. Ho tanta voglia di essere tutto del Signore senza sciupare niente”. La sua cameretta di Ercolano divenne un po’ il centro della casa perché lo si poteva trovare sempre, come Gesù nella Cappella. Chi lo avvicinava, chi parlava o anche solo chiedeva di lui si sentiva come di fronte a qualcosa di “sacro”. In quella vita sacerdotale crocifissa e nel suo atteggiamento paziente e amante sempre si aveva chiaro sentire che “passava il Signore”. Conferma di questa particolare “presenza del Signore” era l’amore alla vita, così spontaneo e sorprendente in Don Antonio. La vita per lui continuava ad essere “bella”, senza rimpianti e senza illusioni, anche così come gli si andava riducendo sotto gli occhi, ma crescendo dentro, nell’anima, sempre più.

 

1987

Dall’ottobre 1987 non poté più staccarsi dall’ossigeno terapeutico, ma continuava ad essere attivo e interessato a tutto e a tutti.”Finché c’è la vita è un bene”. “Tutte le tribolazioni, i limiti che il Signore permette nella mia esistenza – scrive il 5 gennaio 1988 – voglio che siano i gradini che mi portano a concretizzare la somiglianza o imitazione di Gesù Crocifisso-Risorto. Anche se sono senza forze, attaccato continuamente all’ossigeno, a volte con tanti dolori, limitato nei movimenti, rinchiuso in pochi ambienti vitali, posso fare ancora molto (la frase è sottolineata più volte fortemente) nell’amare il Signore: posso pregare, celebrare la Messa, leggere e studiare… incontrare le persone con tanta cortesia, fare qualche piccolo servizio di preparazione alla liturgia, essere costantemente gioioso”

I polmoni erano inefficienti; il cuore aveva crisi continue. Il 20 maggio fu perciò portato ad una clinica specializzata per le malattie polmonari a Campoli del Monte Taburno, amena località tra le colline di Benevento; lasciare la casa e i confratelli gli costò molto. Ma vi andò mite. Non ricusò mai di curare la salute che avrebbe allungato anche il suo soffrire. Pochi giorni prima aveva scritto: “Tutto mi è dono di Dio e tutto il mio essere deve manifestare riconoscenza e gratitudine. Un grazie di cuore e di amore. E, come San Giovanni, sul lago, anch’io posso scorgerlo da lontano e gridare “Dominus est!”. Solo Gesù Cristo Crocifisso è il solo che ha parole di vita eterna, perciò Signore della mia vita. Per grazia di Dio sono quello che sono: solo “desiderio di amare”.

 

27 maggio 1988

Don Antonio, dopo un breve sussulto di tosse, alzando gli occhi al cielo, è morto verso mezzogiorno del 27 maggio1988.

Don Antonio, “desiderio di amare”, vive beato per sempre in Paradiso, rivolto a Dio, alla Madonna, alla Chiesa, al Papa e alle Anime.

Don Antonio prega per noi.

 

AMEN. ALLELUIA

 

“In coloro che soffrono insieme con Cristo, unendo le proprie sofferenze umane alla sua sofferenza, si compie il Vangelo della sofferenza e, al tempo stesso, ognuno di essi continua in un certo in un certo modo a scriverlo, ad annunciarlo al proprio ambiente ed agli uomini contemporanei.

Nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo, una particolare grazia. L’uomo diventa completamente nuovo. Egli trova una nuova misura di tutta la propria vita e della propria vocazione.

Allorché questo corpo è profondamente malato, totalmente inabile e l’uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l’interiore maturità e grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali”.

 

                                                                                   Giovanni Paolo II

                                                                                   Lettera “Salvifici doloris”

 

A ricordo di Don Antonio Rizzo, amico per sempre, Don Flavio Peloso

 

Sac. Antonio Rizzo

             da Fossò (Venezia), morto ad Ercolano (Napoli) il 27 maggio 1988, a 40 anni di età, 19 di professione e 9 di sacerdozio.

Venne accolto nel seminario dell'Opera di Buccinigo d'Erba (Como) il 10 ottobre 1965, dopo aver superato le scuole medie superiori magistrali a Clusone di Bergamo. Fece la vestizione il 29 settembre 1968, seguita dal noviziato a Villa Moffa (1968-69) e la prima professione l'11 ottobre 1969 sempre a Villa Moffa. Lavorò a Bra (1970), a Ponte Selva (1971), a Lopagno (Svizzera) 1972 e di nuovo a Buccinigo (1973). Professò in perpetuo nel 1977. Ricevette la sacra Ordinazione a Fosso il 22 settembre 1979. L'8 dicembre «Essere religioso sacerdote è una grazia del Signore» scrisse nella domanda di ammissione al presbiterato. «Già ora non mi appartengo più, per cui voglio vivere, assieme a tutti, la vita che ha vissuto il nostro modello - amico - Dio, Gesù, con lo spirito di don Orione. E' da quando sono entrato in Congregazione che mi sto preparando a questo passo, con la preghiera, con lo studio, col sacrificio e con il dolore. Per grazia di Dio, voglio continuare a vivere totalmente per il Signore, avvantaggiato dal carattere sacerdotale, affinchè "in persona Christi" io viva e serva ».

Mentre don Rizzo vergava questi sentimenti e propositi già si palesava la via della sua croce, che ora si è compiuta nell'incontro con Cristo sofferente e risuscitato. A lui si è consegnato con l'offerta della sua lunga malattia, della propria vita, con la sofferenza, la preghiera e il sorriso costante, sempre velato di tanta tenerezza riconoscente per Dio e per coloro che gli erano vicini. Don Antonio accolse sempre il misterioso disegno della Provvidenza che lo ha condotto, solo dopo pochi mesi dalla sua Ordinazione sacerdotale, per ben 14 volte da un ospedale all'altro, senza molte speranze di guarigione. Un passo dopo l'altro, si lasciò modellare sul Crocifisso, del quale espresse a superiori e confratelli la più generosa e sorridente somiglianza, in gioiosa donazione per la Congregazione, per la Chiesa, per tutte le anime.

 Atti e comunicazioni della Curia Generale