Figli della Divina Provvidenza (FDP)

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ordine alfabetico per Cognome

 

 Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario)  

 

L (31)

 

La Monica Nunzio

Lanza Antonio

Laurendi Giuseppe

Lazzarin Belisario

Lazzarin Luigi

Lelli Cesare

Lemos Goncalves Antonio

Leoni Lorenzo

Lewandowski Antoni

Liberalon Erminio

Lignini Luigi

Limonta Ettore

Lingua Giovanni

Lion Raffaele

Lisi Giuseppe

Llosa Leonardo Roberto

Lobos Marcelo Rafael

Longoni Paolo

Lopez Rodolfo Conrado

Lorenzetti Giovanni

Lorenzi Luigi

Lo Torto Mario

Lovandina Riccardo

Lovas Amerigo Fra Paolo

Lovo Tarcisio

Lucarini Giovanni Battista

Luccherini Mario

Lucian Francesco

Luggi Narciso

Lukasiewicz Francesco

Lunardi Leonio

Sac. Belisario LAZZARIN

Tornato al Signore il 7 dicembre 2004 nel Piccolo Cottolengo Don Orione in Milano, a 76 anni d’età, 54 di Professione religiosa e 44 di sacerdozio.

Penultimo di sei figli di Giacinto ed Emma Trombetta, Belisario vide la luce ad Agna (Padova), il 15 giugno ’28; fu battezzato dieci giorni più tardi e cresimato il 15 maggio ’36. Dopo le scuole d’obbligo fu per due anni dai salesiani a Castelnuovo d’Asti, frequentando le scuole industriali; rientrò in famiglia a causa della guerra, continuando a studiare privatamente.

La sua vocazione orionina si può dire un benefico contagio di suo fratello maggiore e confratello Don Pietro, entrato nell’opera nel ’35 a Tortona e conobbe pure il Fondatore Don Orione: quando tornava in famiglia ne parlava bene ed esprimeva la sua gioia di essere orionino. Finita la seconda guerra mondiale, Belisario, che aveva allora 18 anni, accettò l’invito del fratello a trascorrere qualche giorno, aiutandolo; lo raggiunse a Fubine (Alessandria) dove assisteva bambini sfollati da Milano per la guerra. Rimase poco più di un mese, e fu fortemente colpito dalla carità ed attenzioni avute dai sacerdoti presenti, essendosi nel frattempo ammalato.

Rientrato a casa, più tardi scrisse al fratello Pietro che gli sarebbe piaciuto farsi orionino, ma che era pieno di dubbi e paure sulla vocazione. Lui gli rispose: “Vieni, vedi e prova; per decidere c’è tempo dopo.” Accettò e fu accolto a Tortona il 17 settembre ’46. Qui fece privatamente le quattro classi ginnasiali; per la V andò a Buccinigo (’46-’49). Il noviziato lo fece a Villa Moffa di Bra, sotto la guida di Don Pietro Stefani, professando i primi voti l’8 dicembre 1950.

Nel vicino Istituto San Tommaso fece il liceo (’50-’53) e conseguì l’abilitazione magistrale presso il San Filippo Neri di Roma Appio. Dal ’53 al ’56 fu assistente e insegnante al San Giorgio di Novi Ligure, dove si diplomò geometra, dando gli esami a Genova (1956). Ripresi gli studi in preparazione al sacerdozio nel teologico orionino di Tortona (’56-’60), li completò con l’anno di formazione pastorale all’istituto “Mater Dei” di Roma. L’11 ottobre ’56 professò in perpetuo nelle mani di Don Carlo Pensa, e fu ordinato sacerdote il 29 giugno ’60 nel santuario Madonna della Guardia in Tortona.

Per la sua preparazione fu assegnato assistente e insegnante al San Giorgio di Novi Ligure (’61-’65), viceparroco e responsabile dell’oratorio nella parrocchia San Benedetto in Milano e per due anni direttore della vicina casa del giovane lavoratore, vicario ed economo del Piccolo Cottolengo (’65-’70). Assunse poi il servizio di economo provinciale di San Marziano. Nel ’73 fu nominato Direttore provinciale della medesima provincia religiosa, incarico che gli fu riaffidato dal 1988 al 1994 dalla stima dei superiori e dei confratelli.

Fu membro dei Capitoli generali VII, VIII, e IX; in quello del ’75 fu eletto Consigliere generale agli studi e alla formazione iniziale, fino al ’81. Dopo il governo generale, Don Belisario ebbe il merito d’iniziare e dirigere il primo seminario per vocazioni giovanili e adulte a Villa Borgia di Velletri (Roma) (’81-’88).

Terminato il servizio di direttore provinciale, non esitò a partire per la Romania dell’immediato post-comunismo (1994-2004). In situazione di estrema povertà e di fiducia nella Divina Provvidenza, raccolse vocazioni, ragazzi poveri, aiutò a piene mani, tutti, facendo di tutto. Un pioniere vecchio stampo, generoso e imprevedibile, spinto dalla percezione del bisogno, e da una generosità autentica che viene dall’amore di Dio. Era sacerdote e predicatore ricercato in tutta Bucarest, come ha ricordato il Superiore generale Don Peloso.

Nei mesi scorsi era stato operato per una grave formazione tumorale al fegato. Sembrava essersi ripreso. Aveva potuto fare ancora una visita alla sua cara Romania. Gli ultimi anni furono per il confratello, pur tra sofferenze e difficoltà, una vera officina di carità, vissuta e incarnata, nello spirito e nel carisma orionino. Visse con passione e coerenza tre caratteristiche della vita religiosa: la povertà vera, le vocazioni e lo zelo per le anime. Fu un entusiasta del genio di Don Orione che svelò in un recente colloquio: “Lessi a suo tempo una frase di Don Orione che non dimenticherò più: ‘ bisogna avere la fantasia della carità.’ Io sono impastato della carità”. Qui c’è molto di Don Orione e di Don Belisario Lazzarin, osservava Don Peloso.

I funerali si sono svolti al mattino di venerdì, nella parrocchia San Benedetto in Milano, e nel pomeriggio nella chiesa arcipretale di Agna, suo paese natale, presenti il fratello e confratello Don Pietro, Don Achille Morabito consigliere generale, Don Elia Ferro, rappresentante del Vescovo per la “Migrantes”, infatti, Don Lazzarin “aveva cura” degli emigranti italiani in Romania; numerosi confratelli e sacerdoti diocesani,  fedeli e amici anche romeni. A Bucarest, il giorno dopo la morte, hanno celebrato una Messa di suffragio, nella chiesa da lui fondata, l’Arcivescovo e il Nunzio Apostolico, con la partecipazione di molte autorità civili e religiose.

Ora riposa nella cappella di  famiglia nel cimitero di Agna (Padova).

(dagli "Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia")

DAL MEETING DI RIMINI L'INTERVENTO DI DON BELISARIO LAZZARIN
[21/ 04/ 2004]
LA CARITA’ DI DON ORIONE

 

26 Agosto 2003
LA CARITÀ DI DON ORIONE NELL’ESPERIENZA DI OGNI GIORNO

Le grandi idee sono belle, ma vederle raccontate piene di spessore umano le rende speciali. Questa l’impressione che deve aver suscitato don Belisario Lazzarin, sacerdote della “Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione”, alla folta platea raccoltasi nel padiglione C2 del nuovo quartiere fieristico di Rimini per ascoltare dai racconti del sacerdote la vita del fondatore della comunità orionina.

“ Ho conosciuto don Orione non dai libri, ma da ciò che traspariva dai volti dei miei confratelli”, così il sacerdote che da anni vive in Romania ha iniziato il racconto della sua esperienza alla congregazione orionina, fatta di semplicità e devozione al prossimo.

Ma è la carità a fare da comune denominatore alla vita di don Orione e, di riflesso, a quella di don Belisario Lazzarin “perché – commenta – veniva sempre fatto ciò che don Orione voleva”. Capitava così che confluissero nella sua casa e in quella dei confratelli persone strane, affinché si imparasse a convivere con tutti, soprattutto con gli emarginati, gli ultimi, i rifiutati dal mondo.

Ma la carità di don Orione andava ben oltre e comprendeva anche i preti allontanati dalla Chiesa per aver commesso qualche mancanza, secondo le regole allora vigenti del Santo Uffizio.

Per loro era pronta una casa, il perdono, il calore del conforto umano e, in certi casi, anche la riabilitazione al sacerdozio visto che don Orione spesso si faceva confessare da loro.

L’esperienza di don Lazzarin è proseguita proprio sulla scia di ciò che don Orione aveva fatto, insegnato e trasmesso. Il fondatore della “Piccola Opera della Divina Provvidenza” cessa, smette, si spegne dopo l’ennesimo rifiuto di trasferirsi nella città di Sanremo, dal clima mite e dunque idonea ad affrontare le cattive condizioni di salute in cui versava don Orione, che invece voleva finire i suoi giorni in mezzo alla gente povera e bisognosa.

La vita di don Lazzarin non poteva non seguirne l’esempio, dalla costruzione della prima comunità orionina in Romania all’acquisto di case destinate a che viveva nella miseria. E poco importava se fossero orfani abbandonati dai genitori e non riconosciuti da uno stato che offriva loro un tetto solo sino ai 18 anni, o vecchiette costrette a vivere nei sottoscala. Per loro c’è sempre un posto, garantito da chi, come con don Lazzarin, “vive con quel cuore di don Orione che ha assimilato”.

G.C. Rimini, 26 agosto 2003