Figli della Divina Provvidenza (FDP)

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ordine alfabetico per Cognome

 

 Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario)  

 

                 P (95)

1.      Pace Antonio

2.      Pachielat Gioachino

3.      Pagella Teresio

4.      Pagliaro Antonio

5.      Paliasso Pierluigi

6.      Palmas Salvatore

7.      Panara Guglielmo

8.      Pancheri Attilio

9.      Pandiani Giuseppe

10.  Pangrazi Luigi

11.  Pankiewicz Dominik

12.  Pannori Mario

13.  Pantezzi Zenone

14.  Paragnin Narciso Giuseppe

15.  Paris Luigi

16.  Parodi Natale

17.  Parodi Pietro

18.  Parodi Silvio

19.  Parola Pietro

20.  Pascotto Antonio

21.  Pasinato Angelo

22.  Pasinato Gino

23.  Pasquali Elvino

24.  Pasquinelli Genefrido

25.  Passera Franco

26.  Patricola Ignazio

27.  Pattarello Giovanni Valdastico

28.  Pavesi Ambrogio

29.  Pawlik Waclaw

30.  Pedrini Cesare

31.  Pedron Adolfo

32.  Pedzik Wadyslaw

33.  Pelizza Giulio

34.  Pelizza Guerrino

35.  Pellacini Luigi Dante

36.  Pellanda Antonio

37.  Pellanda Pietro

38.  Pellizzari Angelo Salvatore

39.  Pellizzer Sebastiano

40.  Penalver Timoteo

41.  Penas Gioacchino

42.  Pensa Carlo

43.  Perciballi Arcangelo

44.  Perduca Arturo

45.  Pereira Dos Santos Luiz A.

46.  Perlo Clemente

47.  Perlo Pietro

48.  Peron Giuseppe

49.  Pesce Maineri Luciano

50.  Petrelli Giuseppe Guerrino

51.  Petruccelli Antonio

52.  Pezzarini Oscar Alcides

53.  Piacente Ottavio

54.  Piazza Giovanni Battista

55.  Picca Francesco

56.  Piccardo Attilio

57.  Piccardo Luigi

58.  Piccinetti Alceo

59.  Piccini Bruno

60.  Piccinini Gaetano

61.  Piccinini Rodolfo

62.  Piccioni Salvatore

63.  Piccoli Luigi

64.  Pieri Antonio

65.  Pietrarelli Ezio

66.  Pietruszka Stanislaw

67.  Pilatowicz Kazimierz

68.  Pilotto Antonio

69.  Pintado Olgis

70.  Pirani Giovanni

71.  Pirazzini Antonio

72.  Pisano Cesare (Frate Ave Maria)

73.  Pitto Francesco

74.  Pizzato Domenico

75.  Pizzelli Giovanni

76.  Plutino Sebastiano

77.  Pokladek Kazimierz

78.  Poletti Pasquale

79.  Poli Genesio

80.  Pollarolo Giuseppe

81.  Pompermayer Alberto

82.  Ponzano Mario

83.  Porcile Gugliemo

84.  Porfiri Giovanni

85.  Porro Giovanni

86.  Porta Gabriele

87.  Pose Alberto

88.  Prochot Josef

89.  Prochot Stanislao

90.  Prosia Francesco

91.  Prosperi Porta Salvatore

92.  Pszczolka Josef

93.  Punta Giuseppe

94.  Puppin Carlo Luigi

95.  Putorti Carmelo

 

  Diacono Franco Passera

 

   da Borgo Revel  (Torino), morto al Policlinico Gemelli dì Roma il 16 dicembre 1969,  a  34  anni  di  età e 6 di  professione.

Entrò a fare parte della Piccola Opera nell'ottobre 1962, all'età di 27 anni Aveva frequentato gli studi ecclesiastici nel seminario diocesano di Ivrea (Torino) ove ricevette il sacro ordine del Diaconato. Nel 1960 conseguì la licenza in sacra teologia a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense.

Ospite della nostra Casa dell'Orfano in Roma negli anni 1961-1962, sentendosi più inclinato all'apostolato tra la gioventù povera e bisognosa, che al sacro ministero sacerdotale, chiese al  Direttore Generale Don  Pensa di essere ammesso fra i Fratelli Coadiutori della nostra Congregazione.

Emise la prima professione religiosa il 21 settembre 1963 e si prodigò prima tra gli apostolìni del seminario   orionino in Grotte di Castro (Viterbo) e poi fra i  giovani del centro di  addestramento cinematografico  in  Roma, ove sì distinse per le eccezionali doti di  organizzatore, e per rara competenza tecnico artistica.

Nei settembre del 1969 fu colpito da un morbo inesorabile, e dopo quattro mesi di inaudita sofferenza, sopportata con eroica rassegnazione, ritornò al Signore.

Morì al Policlinico Gemelli di Roma il 16 dicembre 1969, all'età di 34 anni, offrendo a Dio la sua vita per la Chiesa e per i giovani, i quali parteciparono numerosissimi ai suoi funerali. Aveva emesso la professione perpetua nelle mani del Direttore Generale Don Zambarbieri il 22 novembre 1969, durante la sua degenza ospedaliera.

                     Atti e comunicazioni della Curia Generale

Periodico "Don Orione" 1 gennaio 1970

 

MEDITANDO SULLA MORTE DI   D.  RAMOGNINI E D. PASSERA

A TUTTI I FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA

Tortona, 19 dicembre 1969

Carissimi,

la pace del Signore!

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PRONTO PER LA CHIAMATA A 34 ANNI

A neppure una settimana dalla morte di Don Ramognini, la chiamata — purtroppo prevista ed attesa, ma pur sempre tanto dolorosa — del diacono Don Franco Passera, tornato al Signore la mattina del 16 dicembre, a 34 anni! Era ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma, da oltre quattro mesi. Tanto è durata la « via crucis » del caro Don Franco, entrato all'ospedale ancora nella pienezza delle sue forze, per degli accertamenti che dovevano purtroppo approdare alla scoperta di un male inguaribile. Così lo abbiamo visto sfiorire di settimana in settimana, mentre la sua anima ci appariva sempre più interiormente dotata, pronta all'olocausto (nelle alterne vicende del male quando già era caduta ogni speranza di guarigione, se non fosse intervenuto un miracolo) quanto più sofferto e tanto più meritorio. Il 20 novembre chiese di poter emettere la professione perpetua, desideroso di consacrarsi totalmente, « per qualche tempo, o per poche ore, come il Signore vorrà » mi confidava. E volle dare alla sua offerta intenzioni speciali, per il Papa, per le vocazioni, per i giovani... Li ricordava tanto i suoi giovani alunni del centro di addestramento cinematografico di Monte Mario cui aveva dato il meglio di sé; aveva detto loro per tanto tempo - - ogni mattina - - un pensiero elevante; li aveva soprattutto edificati con l'esempio della sua vita, col suo culto del bene e del bello, col suo amore a Don Orione, espresso, particolarmente, nella carità, nella fedeltà al Papa, nella predilezione per gli umili e i sofferenti.

Si compiacque, particolarmente, indugiare nel ricordo di Don Sterpi, alla vigilia dell'anniversario della morte. « Che bella vita, la vita di Don Sterpi! » mi diceva. « Dovremmo leggerla di più, studiarla di più... Oggi si chiacchiera tanto, si discute tanto: non serve a niente. Se sapessimo invece guardare umilmente agli esempi che la Provvidenza ha messo sul nostro cammino: quanta luce, quanta forza, che sicurezza!».

 

PROFESSIONE PERPETUA e S. MESSA al POLICLINICO GEMELLI

Non ricordo, nella mia vita, una professione perpetua fatta con tanta dedizione e pietà, con tanto fervore per Don Orione e la Piccola Opera come quella di Don Franco nella cameretta dell'ospedale che doveva, di lì a pochi giorni accoglierci per un rito ancora più emozionante. Avevamo fatto la novena dell'Immacolata, un breve incontro, ogni giorno, un momento di preghiera tanto desiderato da lui e da me, nella novena che - - lo sentivamo - - preparava all'incontro ormai imminente col Signore. Fu all'antivigilia che — presenti papa e mamma — espresse un vivissimo desiderio da tanto tempo non aveva il bene di partecipare alla Messa: se fosse stato possibile ottenergli questa grande grazia...

La sera del 7 dicembre potevo così celebrare una delle Messe più belle della mia vita, mentre Don Franco -- con i suoi grandi occhi spalancati, seguiva momento per momento, e le buone Suore e le infermiere accompagnavano con canti tanto espressivi. Nella preghiera dei fedeli abbiamo chiesto una grazia, che il nostro caro Don Franco sapesse dire gioiosamente con la Madonna il suo « sì ». Non finiva poi di ringraziarci, per la consolazione procuratagli. « Che cosa sarà il Paradiso, confidava, se già stasera ho gustato dentro di me tanta gioia? ».

 

OLOCAUSTO PER IL PAPA, LE VOCAZIONI, I GIOVANI

Mentre ero alla Moffa e a Sassello, per la morte e i funerali di Don Ramognini, si è aggravato e la sera del 14 dicembre ho avuto, visitandolo, il presentimento della fine imminente.

Aveva sofferto tanto anche lui per la perdita di Don Ramognini: volle dirmelo, e mi ripetè ancora una volta la sua pena per il gran disturbo che recava a tutti. L'ho tranquillizzato, poi ho accennato delicatamente all'Olio degli Infermi. Mi ha guardato e con la semplicità di un bambino mi ha detto: « Ho un po' paura... Non vorrei che i miei genitori si impressionassero, ma non voglio essere negligente... ». Siamo rimasti d'accordo per l'indomani. Quando la mattina del 15 sono arrivato nella sua cameretta, mi attendeva. « Stamattina si sono dimenticati di portarmi il Signore... ». Gli ho portato la S. Comunione e siamo rimasti in preghiera. Implorava. « Sono tanto arido, mi suggerisca delle intenzioni... ». Il Concistoro, le preoccupazioni del S. Padre, in quest'ora tanto difficile... le vocazioni... i chierici... i sacerdoti, perché vivano santamente il loro sacerdozio... la pace (e mi ricordavo di altri incontri, agli inizi del suo male, quando - - nella stretta di dolori atroci che non gli davano requie, mi diceva. « Offro tutto, offro tutto, fino in fondo... » con una fede ed una generosità impressionanti) Poi gli ho amministrato l'Olio degli infermi. Il vomito che lo aveva tormentato tanto il giorno innanzi e nella notte lo lasciò tranquillo, potè seguire, pio e attento, i vari momenti del rito, rispondendo alle belle preghiere. Non finiva di ringraziare: « Grazie, grazie; ecco, così ho fatto tutto ». Era il suo « Consummatum est ». Ancora un'Ave Maria con la Madonna e la benedizione (quante volte l'aveva domandata, e con quale fede!) Gli avevo raccomandato di non affaticarsi, di seguire solo mentalmente. Invece rispose « prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte » e si segnò. Ci siamo lasciati così. Poche ore dopo la Madonna gli è scesa incontro per portarlo in Paradiso. Cosciente fino alla fine, ha saputo ripetere il suo « sì » piissimamente, rinnovando la generosissima offerta all'inizio della novena del suo Natale più bello.

Era venuto a noi già diacono, in un momento particolarmente sofferto della sua giovinezza, approdando quasi a caso alla nostra congregazione, per consiglio di Padre Lombardi. Lo abbiamo accolto con fiducia, con amore: si è subito sentito confortato, e crebbe poi nell'ammirazione per Don Orione, fino a chiedere di farsi dei nostri. Fu ammesso al noviziato e dal 1963, fatta la sua prima professione, si prodigava con intelligenza vivace e fervida, lieto di donare alla sua famiglia religiosa le sue eccezionali qualità senza nulla chiedere per sé, distinguendosi per la sua sensibilità artistica e più per l'amabilità dei modi, il rispetto verso tutti, la capacità di capire i giovani, il tratto tanto affabile, la disponibilità, ed ancora e soprattutto l'entusiasmo per la vita religiosa, per Don Orione, per il programma della Piccola Opera...

 

MISTERIOSO RICHIAMO PER NOI TUTTI

Don Ramognini e Don Passera, due modelli, due tipi veramente ideali di Figli della Divina Provvidenza, due giovinezze splendenti, a cui ispirarsi in un'ora che è spesso •— e non solo per i giovani --di incertezza, di compromessi, di riserve, di inquietudini, di dubbio... Due religiosi esemplari, che avevano già fatto ed avevano in animo di fare tanto bene anche per sostenere e confortare a fedele perseveranza i loro fratelli.

E il Signore, così all'improvviso per Don Ramognini, così presto per tutti e due, ce li ha portati via. Perché, o Signore, in questo momento di estrema necessità, e a questo modo?

E' affiorata spesso la tentazione di lamentarci col Signore di fronte a prove che potevano apparire incomprensibili, a perdite umanamente irreparabili. Ma il gemito nostro - - come quello del papà e fratelli di Don Bartolomeo, dei genitori e fratelli di Don Franco - - si è placato nella certezza che anche i dolori più grandi non possono essere senza un disegno di misericordia da parte della Provvidenza Divina. Così ci ha insegnato Don Orione, mettendoci in cuore, soprattutto, una fiducia senza limiti nel Signore, che è Padre infinitamente buono. Benedicendolo nella morte, come nella vita, nell'afflizione come nella gioia, chiediamogli in quest'ora di tanta sofferenza che voglia misericordiosamente sostenerci, aiutandoci ad amare quello che Lui ha voluto, ed a ricavarne beneficio per le nostre anime.

Che cosa vorrà il Signore dalla nostra famiglia religiosa e da ciascuno di noi, in quest'ora? Che cosa attenderà, dopo queste prove? Come dimostreremo di aver apprezzato gli esempi venutici dai carissimi confratelli appena scomparsi? Ci hanno lasciato un'eredità preziosa, ne saremo degni? Sapremo amare e onorare la Congregazione come essi l'hanno amata e onorata? Saremo capaci di scoprire il segreto della loro contentezza, della donazione così piena che li rendeva « lampade accese e luminose »? Se abbiamo potuto per poco rallegrarci alla loro luce, non sarà almeno questo incontro spirituale dopo la loro morte a farci riflettere salutarmente?

Sono interrogativi che nascono così spontanei in questo momento punti vitali di una meditazione che ci è stata offerta per questo Natale e potrà accompagnarci benefica anche lungo tutto il nuovo anno, si sapremo tutti profittare di queste così misteriose visite del Signore.

 

DUE FAMIGLIE ESEMPLARI

Vorrei dirvi, o carissimi, delle testimonianze affettuosissime rese a suffragio dei compianti nostri fratelli, a Villa Moffa ed a Sassello, come a Roma ed a Crescentino di Vercelli. Ma capisco che mi sto dilungando eccessivamente, ed allora mi limiterò ad esprimere sentimenti di riconoscenza che sento oltremodo doverosi.

Anzitutto ai genitori e familiari. Conoscevo da tempo il papà e i fratelli di Don Ramognini, ma ho potuto misurarne la fede, la pietà proprio in questa luttuosa circostanza. Il cav Raffaele, a letto per l'influenza, non ha potuto venire a Villa Moffa ed il sacrificio è stato anche più grande. Ma nel dolore immenso per la morte di Don Bartolomeo, perno della famiglia e consigliere (« Quando veniva a casa, per noi era come se entrasse il Signore ») quanta rassegnazione! — « Vedete quel crocifisso — ci diceva il papa indicando di fronte al letto — tutte le sere ho fatto la mia meditazione, pregando perché i miei figliuoli crescano puri, casti, illibati: la seconda tappa, poi, è davanti alla Madonna; la terza, in ginocchio ai piedi del letto... Ogni sera ». Come stupirsi se nel solco di tanta fede, di tanta preghiera (Quando il papà era più valido, si alzava prestissimo — racconta la figliuola Caterina — e cominciava a pregare ad alta voce, continuando per ore, accompagnando la sua fatica con l'invocazione di innumerevoli Santi ai quali raccomandava se stesso, i figli, la casa, le fatiche di ogni giorno) sono fioriti, con Don Bartolomeo, figliuoli così buoni che hanno edificato a Villa Moffa i nostri stessi chierici, stupiti nel sentirli recitare a memoria, in latino, il Miserere, il De profundis e l'oremus per un Sacerdote defunto?

Dello stesso stampo la famiglia di Don Franco: papà, mamma, fratelli, cognate. Che assistenza premurosa, durante i lunghi mesi della malattia! Quale fortezza cristiana Dell'accettare un sacrificio così grande, con le angustie di giornate e nottate sempre più penose! Ne comprendevo qualcosa la sera che Don Franco — in vena di confidenze — mi raccontava della nonna che a quattr'anni già lo portava in braccio a Messa ogni mattina, e ce n'era della strada dalla casa alla chiesa, tanto che mi scongiurava di dire alla mamma che non vada ora, col freddo, alla Messa, per il troppo disagio e pericolo, data la lontananza. Ed io trasmettevo la raccomandazione alla buona mamma, forse poco persuasa, tanto sente il bisogno •— anche se le costa sacrificio — di continuare una tradizione troppo cara. Il Signore è dappertutto •— aggiungevo •—, ed ascolta anche le preghiere fatte in casa, vede le intenzioni. « E' vero. aggiungeva il papà, che non sapeva nascondere le lacrime ogni volta che guardava Don Franco, e lo vedeva in quelle condizioni, quante volte io il Signore l'ho incontrato nei campi! E raccontava dei Rosari recitati la sera nella stalla, in tempi lontani, quando il benessere era molto minore, ma in compenso ben più grande la fede, la serenità e la pace ».

 

SENTIMENTI DI GRATITUDINE

Devo ringraziare, e lo faccio di cuore, i bravi chierici dell'Istituto Teologico (particolarmente il caro Pedano) che per settimane e settimane si sono alternati, specie la notte, al capezzale di Don Franco con una prestazione riuscita di ineffabile conforto all'infermo, che me ne parlava con ammirazione, spiacente e mortificato — nella sua umiltà •— di essere motivo di tanto disagio. Grazie ai cari sacerdoti, chierici ed aspiranti di Villa Moffa per la veglia alla salma del caro Don Ramognini. Non dimenticherò quelle lunghe soste in preghiera, al freddo, mentre gli occhi non sapevano stancarsi da quel bel volto che sembrava quello di San Luigi e dovette ispirare (e continuerà ad ispirare, oltre la morte) tanti propositi buoni. Grazie ai confratelli ed amici (particolarmente ai fedelissimi di Finale Emilia venuti nella notte a Villa Moffa coi confratelli ed apostolini, chissà con quanto sacrificio), alla Vicaria generale Sr M. Lucina e alle Consigliere Generali, presenti ovunque con molte consorelle; alle buone popolazioni di Bandito, Bra, Sassello e Crescentino, particolarmente ai sacerdoti diocesani, religiosi, religiose, alunni, ex alunni che ci sono stati vicini nel duplice lutto, confortandoci con i loro suffragi per Don Bartolomeo e Don Franco. Tutti e tutto il Signore largamente ricompensi!

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L'EREDITA' DI DON RAMOGNINI E DON PASSERA...

Devo finire, o carissimi. E' Natale e come chiudere se non con un augurio? Questa volta, però, non sarò io a farvelo. Me lo ispirano i nostri cari Don Bartolomeo e Don Franco. Li ho qui davanti a me con la eredità di esempi che ci hanno lasciato:

  vita interiore così ricca e coltivata;

  amore devotissimo e fedelissimo al Papa, fino ad offrirsi in olocausto per Lui,

  entusiasmo per Don Orione e la Piccola Opera;

  contentezza per il sacerdozio e la vita religiosa, in cui si sentivano pienamente realizzati,

  riconoscenza verso la Congregazione, per quanto avevano da essa ricevuto;

  delicatezza  verso  i   Superiori,   cui   si   sforzavano   di   dare   soltanto conforti;

  disponibilità senza riserve, anche quando si trattò di assumere compiti tanto gravosi e difficili,

  prontezza alla fatica, alle rinunce, senza lamentarsi mai  (oh, le ultime prestazioni di Don Ramognini al recente Convegno di Finale (toccava sempre a lui il peso dei verbali!)  e di Don Franco che, preso dal gran lavoro, neppure s'era accorto di aver passato un inverno al freddo, nella cameretta dove il calorifero non funzionava!),

  modestia e riserbo, che li facevano rifuggire istintivamente da ogni leggerezza, da ogni evasione;

  rispetto, nella parola, nel tratto, per tutti, con un unico desiderio; quello di servire i fratelli;

  la carità, al di sopra di tutto.

Non c'è nessuna forzatura, o carissimi, in questo accostamento dei due confratelli scomparsi nelle singolari, luminose loro affinità: potrei documentare con innumerevoli episodi, ed altri nostri quante testimonianze potrebbero aggiungere!

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Don Giuseppe Zambarbieri fdp