Figli della Divina Provvidenza (FDP)

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ordine alfabetico per Cognome

 

 Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario)  

 

A (40)

 

1.      Abalos Americo Miguel

2.      Acevedo Juan

3.      Achramiej Piotr

4.      Acquaotta Serafino fra Umile

5.      Adaglio Giuseppe

6.      Adobati Egidio

7.      Aggio Angelo

8.      Agostini Fioravante

9.      Agustin Esteban

10.  Albera Paolo

11.  Albergucci Roberto

12.  Albertazzi Dalmazio

13.  Alexandre Geraldo Pedro

14.  Alferano Carlo

15.  Alice Andrea Giuseppe

16.  Aliprandi Eugenio

17.  Allione Vincenzo

18.  Alonzo Tomas

19.  Alpeggiani Luigi

20.  Álvarez Martìnez Miguel

21.  Alves Camilo Josè

22.  Alvigini Giambattista

23.  Ambrus Juan

24.  Ancelliero Giorgio

25.  Andrada Dante Luis

26.  Andreani Pietro

27.  Andreos Mansueto

28.  Andretta Marco

29.  Andriollo Giovanni

30.  Andrysiewicz Vincenzo

31.  Antonello Fedele

32.  Antoniewicz Stanislaw

33.  Anzolin Benedetto

34.  Argenti Giuseppe

35.  Arlotti Francesco

36.  Arrue Peiro Antonio

37.  Aureli Giuseppe

38.  Azzalin Mario

39.  Azzaro Giuseppe

40.  Azzoli Paolo

Don Alvigini.jpg Sac Giambattista Alvigini

da Garbagna (Alessandria), morto a Garbagna il 28 gennaio 1904, a 24 anni di età e 2 di Sacerdozio. Emise la Professione il 24 gennaio 1904.

Qui a fianco il famoso quadro della Marcora in cui si vede il giovane Sacerdote che, già morto (1904), tende la mano a don Orione! “E’ questo il primo Sacerdote che è morto nella nostra Congregazione”, dice don Orione!

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LA MORTE DI DON GIOVANNI BATTISTA ALVIGINI

 

Giovanni Battista Alvigini (1880-1904) fu tra i primi collaboratori del chierico Orione nella fondazione della Congregazione, lasciò fama di grande bontà. Sta bene vicino all’altro nostro confratello servo di Dio don Gaspare Goggi. Entrambi carissimi al Fondatore che aveva riposto in loro grandi speranze.

 

           “Nella nostra Congregazione abbiamo avuto i nostri morti: ci hanno preceduto nel campo del lavoro e caddero primi, in tempi di sofferenze e di pene, nell’età eroica della Congregazione.

            Abbiamo  avuto chierici giovani, suore, eremiti, fratelli che morirono santi e, perché non si perda la memoria di essi, ve ne parlerò. Questa sera vi dirò qualche cosa del nostro primo sacerdote passato all’altra vita: don Giovanni Battista Alvigini.

            Era della diocesi di Tortona, nativo dell’insigne borgata di Garbagna, la capitale della Valle Grue (provincia di Alessandria) distante sedici o diciotto chilometri da Tortona. Venne a noi già chierico e già malato di petto, tisico: dovete sapere che la nostra Congregazione accetta anche quelli che  altre Congregazioni licenziano per malattia.

             L’abbiamo ricevuto fra noi: andò a San Remo ove l’aria, il clima è più adatto ed ove era direttore don Sterpi. Venni poi anche a Roma in ore grigie per la Congregazione, ore di dolore e di pene. Fatto sacerdote, fu un angelo: angelo da chierico, angelo da sacerdote. Era devotissimo alla Madonna. L’ho condotto con me al santuario di Oropa, uno dei più celebri non solo d’Italia, ma anche di tutta la Chiesa: la Madonna nera che si venera colà fu portata da sant’Eusebio di Vercelli.

             Ai piedi di questa Madonna, l’ho visto pregare e piangere.

              Don Alvigini si mise, dunque, a letto assai malato.

              Ed ecco che un giorno dico ad un sacerdote del paese di don Alvigini, che ora è canonico e monsignore (a Tortona), don Lovazzano:

Io sento che don Alvigini muore…Andiamo a trovarlo “ Andiamo. Durante la strada, ad un certo punto, dico al cocchiere del calesse che ci trasportava:

“Fermati!”   E  chiedo a don Lovazzano:

Hai l’orologio? Che ora è? Don Alvigini muore: preghiamo!..” E abbiamo detto il “requiem”. Don Lovazzano però non ci credeva e soggiunse:                 

Eh, lo sappiamo che don Orione è matto…!”  

          

                Arrivati  a dieci minuti  dal paese,  incontriamo un tale, il signor Gaspare Alvigini,  non parente ma molto legato al nostro sacerdote don Alvigini…Parliamo con lui e gli chiediamo notizie del malato.   

“E’ morto all’ora tale…” -  ci risponde subito.  E l’ora coincideva con quella rilevata lungo la strada.  Ed ecco che le campane davano il segno di quella morte…

                Siamo corsi allora alla casa di don Alvigini ed abbiamo incontrato il suo parroco don Reggiardo,  morto due anni fa (1930) in America, che usciva e disse che già lo avevano, allora  allora,  vestito e confermò l’ora della morte.

                Entrai in casa e trovai don Alvigini sul letto, vestito con la talare nera, la cotta e la stola. Voi sapete che quando muore un sacerdote, deve esser vestito con i paramenti sacerdotali e con la pianeta violacea, come quando si va a celebrar  la messa.  (Così quando morirò io, mi vestirete così!!!). E allora, vedendo che non era vestito come si doveva, pregai un poco, baciai le mani del morto  e poi dico al parroco:  

“Senti, ti pagherò la pianeta, ma tu devi darmi una pianeta violacea”. 

Me la diede e non volle niente.

                 Allora misi a don Alvigini  l’amitto,  il camice, il cingolo, il manipolo, la stola, la pianeta, poi gli misi la corona tra le mani… Improvvisamente, mentre compivo quell’operazione, il morto mi strinse la mano! E tutti hanno veduto. Infatti don Lovazzano mi disse: - “Ti ha stretto la mano!” E allora io prontamente dissi:” Don Alvigini, stringi ancora…!  E lui me la strinse nuovamente.

                  E’ questo il primo sacerdote che è morto nella nostra Congregazione.  

                  Quando l’abbiamo accompagnato al camposanto, nevicava, nevicava… Lo abbiamo seppellito e le  “figlie di Maria” innalzavano un canto :

“ Al  ciel, al ciel, al ciel…”

                

                                                     

Da discorso di Don Orione dell’8 aprile 1932 Par V, 33ss.

 

 

Don Orione scrive a don Alvigini:

 

La giustizia superiore, di cui parla Gesù, don Orione la traduce in una esortazione alla pazienza: è grande sapienza non urtare chi ci vive accanto.

 

Senti, mio caro Alvigini, con la pazienza faremo tutto e otterremo tutto: con la furia o col volere toccare senza molta prudenza e moderazione cristiana quei tasti che possono urtare, si finisce col disturbarci nell'interno, col disturbare gli altri, col fare niente di bene stabile, se pure non si ottiene l'effetto contrario, cioè non si fa del male. Ricordati che nel S. Vangelo Gesù ha detto: in patientia vestra. possidebitis animas vestras! [Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita - Le 21,19]                              

 

(Minuta senza data - Scritti, V30, T59, p. 133)