Figli della Divina Provvidenza (FDP) A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W Z ordine alfabetico per Cognome
Necrologio Figli della Divina Provvidenza (ricordati nel giorno anniversario)
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D (62) 14. Damele Michele 15. Danna Giuseppe 16. Dapra Cesare 22. De Cortes Frugoni Miguel A. 27. De Paoli Angelo 28. De Rosa Benito 31. Degaudenz Mario 35. Del Rosso Luigi 37. Del Fabbro Giovanni Battista 38. Delfino Filippo 40. Demarco Roberto 41. Demontis Cesare Fra Pacomio 43. Di Giusto Giosuè 45. Di Iorio Luis 50. Dobosz Francesco 51. D'Odorico Renato 52. Dominguez Ramon 53. Dondero Carlo 54. Dondero Giuseppe 55. D'Onofrio Cesare 57. Doria Luigi 59. Draghi Domenico 61. Durante Gerardo 62. Dutto Giuseppe |
Beato
Sac. DRZEWIECKI Franciszek
da Zduny (Polonia), ucciso in odio alla fede a Dachau (Germania) il 13 settembre 1942.
Francesco entrò adolescente nel seminario di Zdunska Wola (Polonia). Dopo gli studi liceali e filosofici, nel 1931 andò in Italia, nella Casa madre di Tortona, per il noviziato e gli studi della teologia. Fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1936. Spese le sue primizie sacerdotali al Piccolo Cottolengo di Genova Castagna. Ritornato in Polonia sul finire del 1937, Don Francesco continuò la sua attività di educatore nel collegio di Zdunska Wola. Nell'estate del 1939 fu chiamato ad occuparsi della Parrocchia "Sacro Cuore" e del Piccolo Cottolengo di Wloclawek. Qui lo sorprese l'invasione nazista del 1° settembre 1939 che presto diventò aperta persecuzione religiosa contro la Chiesa cattolica. Il 7 novembre di quel 1939, Don Francesco, con quasi tutto il clero della diocesi, fu arrestato e tradotto in carcere. La lunga ‘via crucis’ di umiliazioni e di sofferenze lo portò in vari campi di concentramento e infine a Dachau. Dai compagni di lager fu ricordato come "uomo buono, sacerdote santo che edificava con la sua cortesia e premura". Dopo due anni di stenti, di privazioni, di lavori forzati ed eroica testimonianza di fortezza e di carità fu ucciso il 13 settembre 1942. Mentre lo conducevano alla morte, Don Francesco affermò con serena disposizione: “Noi andiamo... Ma offriremo come Polacchi la nostra vita per Dio, per la Chiesa e per la Patria”. Furono le sue ultime parole. La carità, frutto della sua abituale unione con Dio, costituì il tessuto della sua vita. Lo rese prima chierico esemplare, poi educatore e pastore zelante, infine, lo sostenne ed esaltò nella terribile prova e morte nel lager. Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 13 giugno 1999. Si fa memoria liturgica il 12 giugno. ######### “Mantenere viva la memoria di quanto è accaduto è un’esigenza non solo storica, ma morale. Non bisogna dimenticare! Non c’è futuro senza memoria. Non c’è pace senza memoria!” (Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, 37) Francesco Drzewiecki, l’uomo che edificava con la sua cortesia e premura Il martirio è il sacrificio sopportato da colui che patisce ogni genere di pena senza cedere, sacrificando anche la propria vita piuttosto che rinunciare alla propria fede religiosa. Nella storia della famiglia di don Orione esiste anche il martirio. Quello silenzioso e spesso sconosciuto di straordinarie figure illuminate dall’amore e quello più noto, perché cristallizzato in un provvedimento della Santa Sede e celebrato con una solenne cerimonia del Santo Padre. Per conoscere un martire della nostra famiglia dobbiamo spostarci nella Polonia del 1939 – 1945. Sono gli anni della seconda guerra mondiale e dell’abominevole persecuzione compiuta dal regime nazista. Sono gli anni che hanno cambiato la vita del popolo polacco e della Chiesa che è in Polonia. E sono anche gli anni che segnano il fiorire e lo sviluppo della Piccola Opera della Divina Provvidenza in quella terra così amata da don Orione, che in essa vedeva certamente la via da percorrere per raggiungere la Russia e lavorare all’unione delle Chiese separate, secondo quanto suggerito dall’ “altissimo consiglio” di Leone XIII. Il martirio ha il nome di coloro che si sono sacrificati, sopportando e offrendo la propria vita piuttosto che rinunciare alla propria fede religiosa. Ed il martirio ha il nome di don Francesco Drzewiecki, eliminato a Dachau il 13 settembre 1942, a 34 anni di età e 6 di sacerdozio. Il
13 giugno 1999, insieme ad altri 108 martiri (vescovi, sacerdoti diocesani,
seminaristi, sacerdoti religiosi, fratelli professi, religiose professe e
laici) è stato beatificato da Giovanni Paolo II, nel corso del suo Viaggio
Apostolico in Polonia. Francesco nasce a Zduny (Lowicz) il 26 febbraio
1908 e si forma accanto a don Orione, a Tortona. Diventa religioso e,
ordinato sacerdote, opera a Zdunska Wola e a Wloclawek, dove viene arrestato
e imprigionato nella notte del 7 novembre 1939. Di lì passa al carcere di Lad
e poi viene trasportato a Szczyglin (Poznam). Segue un viaggio lungo, penoso
e umiliante da Sachsenhausen, vicino a Berlino, fino a Dachau. Jòzef Kubicki,
compagno di Francesco a Dachau, racconta nel suo memoriale: “Come calzatura
portavamo gli zoccoli di legno e tantissimi per riuscire a correre li
portavamo in mano, perché altrimenti venivamo bastonati. Quando passavamo per
le strade e vicino alle case, le guardie tedesche spiegavano alla gente che
eravamo delinquenti, e così suscitavano l’odio contro di noi. Poi fummo
caricati in treno, su carrozze chiuse adibite al trasporto bestiame. Non
ricordo quante ore durò quel viaggio. Parve interminabile. (…) Don Drzewiecki
mi tenne vicino a sé nella fila, così che io ricevetti il n. 22665 e don
Francesco il n. 22666. Poi fummo condotti all’alloggio: tutti i sacerdoti
polacchi furono assegnati al block n. 28” [1]. Sappiamo che Drzewiecki,
considerato robusto nel lavoro, viene assegnato al lavoro nei campi, dove
faticava per molte ore e, spesso, anche di notte. Lavorando nelle
piantagioni, si ammala di scabbia e questo diventa motivo di punizione.
Digiuno da giorni, si ciba di un tozzo di pane lanciato da Jòzef al di sopra
di una rete di 7 – 8 metri. Indebolito dal duro lavoro, si ammala, viene
iscritto come “invalido” e messo in un blocco a parte: chi stava lì era
destinato al gas e tutti, in ogni caso, sapevano di terminare direttamente al
forno crematorio. Don Francesco va’ così, offrendo la propria vita, come
Polacco, “per Dio, per la Chiesa e per la Patria” [2]. Rileva mestamente Kubicki
che “il campo di concentramento di Dachau – come tanti altri – è nato dall’odio
maligno e perverso, che voleva umiliare e calpestare la dignità dell’uomo per
portarlo alla distruzione morale e anche fisica. Sopra questo inferno del
male e dell’odio, emersero le anime forti di tanti sacerdoti” [3]. Ed emerge anche la santa
anima di don Francesco Drzewiecki, ricordato dai compagni di Lager come
“l’uomo che edificava con la sua cortesia e premura”.
Giulia Provinciali [1] Flavio Peloso – Jan Borowiek, FRANCESCO DRZEWIECKI n. 22666: un prete nel Lager, 1999, Roma, Edizione Borla s.r.l., p. 143 [2] Flavio Peloso – Jan Borowiek, FRANCESCO DRZEWIECKI n. 22666: un prete nel Lager, cit., p. 150 [3] Flavio Peloso – Jan Borowiek, FRANCESCO DRZEWIECKI n. 22666: un prete nel Lager,cit., p. 150
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